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Neoplasie della Mammella

Anatomia


Anatomia1

La ghiandola mammaria è dislocata tra la II e la VI costa, dal bordo sternale alla linea ascellare anteriore e ricopre per due terzi il m. grande pettorale.

Le correnti di drenaggio linfatico sono indicate dalle frecce.

I linfonodi ascellari sono distinti nei 3 classici livelli in base al rapporto con il m. piccolo pettorale. I linfonodi di Rotter sono visibili fra i due pettorali. I linfonodi della catena mammaria interna sono accolti negli spazi intercostali ai margini dello sterno.

Le arterie principali, rami dell’ascellare, sono (partendo dalla sua origine):
- la toraco-acromiale,
- la toracica laterale e
- la sottoscapolare (quest’ultima termina carne toraco - dorsale).

 Anatomia2

I fondamentali elementi costitutivi della mammella:
1) dotto galattoforo con sistema duttale e lobulare (componente ghiandolare);
2) legamento di Cooper (componente stromale);
3) fossette adipose;
4) strato adiposo perighiandolare (componente adiposa).
In età fertile la componente epiteliale varia dal 14 al 20% dell’intero volume. In menopausa si riduce al 2-5%.

Anatomia3

Mammella in sezione:
1) fascia anteriore del m. grande pettorale;
2) m. grande pettorale;
3) borsa retromammaria;
4) lobo ghiandolare;
5) tessuto adiposo sottocutaneo;
6) legamento di Cooper.

 Anatomia4

Schema di sezione di un dotto:
1) cellula staminale;
2) membrana basale;
3) sistema giunzionale fra cellule duttali (caderina E);
4) sistema giunzionale fra cellule mioepiteliali (caderina P);
5) sistema giunzionale fra cellule duttab e mioepiteliali (caderina desmosomiale);
6) cellula mioepiteliale.

Il dotto, in sezione, non è circolare, ma può diventarlo se si distende per fenomeni di ectasia.


Diagnostica



La Senologia moderna non esisterebbe senza il sostegno delle tecniche di imaging diagnostico.
Da un passato non lontano in cui la mammografia veniva eseguita con apparecchiature ingombranti e con scarsa specificità, si è giunti a uno strumentario estremamente sofisticato, tale da rendere la diagnosi preclinica una realtà.
In questo contesto, mammografia ed ecografia hanno tuttora un ruolo trainante, ma la risonanza magnetica sta ritagliandosi un suo spazio vitale, imperniato sulla sensibilità, da cui ci si potrà peraltro attendere una estensione delle indicazioni alla chirurgia demolitiva.
Mammografia

Costituisce per certo la procedura diagnostica storicamente più consolidata, ancora oggi la più diffusa e utilizzata per le donne al di sopra dei 40 anni. Lega inevitabilmente l’efficacia al suo livello qualitativo, indispensabile alla buona diagnosi: livello qualitativo che viene comunque sempre considerato come la sintesi di un processo, una catena alla cui composizione concorrono con pari importanza elementi legati all’apparecchiatura mammografica, alla tecnica di effettuazione dell’indagine, alle procedure di sviluppo e stampa delle pellicole.
Il recente avvento della mammografia digitale ha in parte modificato sul piano tecnico i passaggi di tale processo, ma non ha in alcuna misura ridotto la necessità di ottemperanza ai controlli qualitativi.

 diagnostica1

Per ottenere un mammogramma di buona qualità la mammella deve essere opportunamente compressa, per esaltare quanto più possibile il contrasto delle eventuali lesioni patologiche.
Ecografia

Costituisce procedura diagnostica ad ampia diffusione, di largo impiego nell’ approccio pluridisciplinare alla patologia mammaria.
Va detto che quella che può essere impropriamente considerata una relativa facilità di effettuazione dell’indagine e la sua ripetibilità porta in se stessa il rischio forte di un utilizzo talvolta inappropriato.
È un’indagine di prima istanza unicamente nelle donne in età giovane, nella valutazione in corso di gravidanza o di allattamento, o traumi e negli stati di flogosi.

Tomosintesi
Grazie all’utilizzo di tecnologia di ultima generazione ( Tomosintesi ), che permette un studio stratigrafico della mammella, il risultato diagnostico è più efficace rispetto alla mammografia convenzionale. Se la mammografia evidenzia un quadro sospetto, che il clinico ritiene meritevole di approfondimento, viene eseguita nella stessa seduta la tomosintesi: un'ulteriore indagine che permette di accertare tumori al seno,anche in fase precocissima.

Che cos’è?

Humanitas Medical Care Arese dispone del nuovo Mammografo Selenia Dimensions con Tomosintesi (Hologic). Si tratta di un’apparecchiatura di ultima generazione che permette una estrema accuratezza diagnostica nello scoprire e  ocalizzare le lesioni mammarie e di evidenziare quelle che possono sfuggire alla mammografia tradizionale, grazie alla combinazione di immagini acquisite. La ricostruzione stratificata, ottenibile con la tomosintesi, riduce od elimina del tutto i problemi causati dalla sovrapposizione dei tessuti che si possono avere in una mammografia offrendo una migliore capacità diagnostica ed una superiore attenzione alla paziente.

Perché si fa?

La Tomosintesi del sistema Hologic Selenia Dimensions è l’unica che offre i seguentivantaggi rispetto alla mammografia convenzionale 2D:

  • Un aumento del 41% nel rilevamento di lesioni al seno invasive
  • Diminuzione fino al 40 % dei richiami dei falsi positivi, riducendo al minimo l’ansia per le pazienti e i costi non necessari
  • Migliore valutazione, rispetto alla mammografia classica, sia del seno denso, tipico della donna giovane, che a prevalente componente adiposa, consentendo una migliore capacità di individuazione di lesioni di piccole dimensioni, che possono talvolta sfuggire alla mammografia 2D.
  • La più veloce scansione in Tomosintesi, meno di 4 secondi.
  • Minor tempo in compressione per migliorare il comfort della paziente riducendo sia lo spiacevole dolore che il rischio di artefatti da movimento.
  • Esami di qualità clinicamente superiori con una dose equivalente a quella di una mammografia
  • Riduzione degli esami di II e III livello (ago-aspirati, biopsie, mammo-RM), che impattano sensibilmente sul carico di ansia e apprensione delle pazienti oltre che sulla spesa sanitaria.
  • Più agevole identificazione delle lesioni espansive, con migliore caratterizzazione della loro forma e contorni, nonché dell'ampiezza e dell'architettura delle distorsioni parenchimali.

 

Duttogalattografia

Lo studio contrastografico dei dotti galattofori ne costituisce a tutt’oggi l’unico metodo validato di studio.
È indicato in presenza di secrezione ematica o ematico-correlata (sieroematica o trasparente).
Segnatamente se mono-orifiziale o monolaterale naturalmente anche un sospetto citologico autorizza alla galattografia, ma al di fuori di tali condizioni l’indagine non trova sufficiente motivazione.
Dopo delicata incannulazione del dotto secernente si procede a iniezione di mdc radiopaco idrosolubile, con successivo studio radiografico in due proiezioni.
Vengono analizzati alterazioni del calibro duttale e, soprattutto, difetti di riempimento veri e propri arresti della progressione retrograda del contrasto:
eventuali impegni endoluminali risultano in genere ben apprezzabili, senza però una sufficiente possibilità di distinzione tra lesioni vegetanti o aggettanti benigne o maligne.
Risonanza Magnetica

Inserita ormai a pieno titolo nello studio della patologia mammaria, la RM è indagine che riconosce precise indicazioni nell’iter diagnostico.
Si affianca infatti validamente alle metodiche più tradizionali e può costituirne anche un superamento, per la propria elevata sensibilità, nei casi di neoplasia duttale invasiva o in situ occulti alla mammografia, all’ecografia o alla valutazione clinica.
Va ricordata a tale proposito la necessità di disporre di indagini mammo-ecografiche di qualità assoluta, unicamente rispetto alle quali la RM può a pieno titolo fregiarsi, nelle situazioni citate, di una capacità diagnostica realmente superiore.
Tomografia ad emissione positronica

L’indagine nucleare di più recente sviluppo in Senologia è la PET, finalizzata allo studio delle lesioni mammarie, alla stadiazione loco-regionale e alla valutazione delle lesioni a distanza. Fornisce immagini topografiche della distribuzione di alcuni radiofarmaci marcati con radioisotopi a emissione positronica, registrando il segnale fotonico determinato dall’interazione di tali radioisotopi con gli elettroni.
Il farmaco più utilizzato nello studio oncologico è il 18-FDG, captato dalle cellule neoplastiche in quanto analogo del glucosio.
La captazione fornisce indici semi-quantitativi di attività metabolica e, dunque, immagini della distribuzione spaziale del radiofarmaco.
L’associazione di sistemi PET con sistemi di TC migliora nettamente la proiezione spaziale delle lesioni, risultando possibile la rilevazione di radioattività sull’intero corpo. Un significativo limite di questa indagine sta nella ridotta sensibilità rispetto alle neoplasie non palpabili o comunque di piccole dimensioni (<8 mm); va inoltre considerato come la ridotta captazione del FDG da parte delle neoplasie a istologia ben differenziata ne determini ulteriore riduzione della possibilità di visualizzazione.
Duttoscopia mammaria

È una tecnica endoscopica che permette, attraverso l’utilizzo di un microendoscopio a fibre ottiche, la visione diretta dei dotti galattofori.
Circa l’85% delle lesioni maligne o premaligne si sviluppano all’interno dei dotti galattofori, in particolare nelle UTDL, e fino all’avvento di queste nuove tecniche esplorative non c’era alcun accesso diretto a quest’area se non attraverso tecniche chirurgiche (come la biopsia) o con altre aventi limitazioni importanti (come l’agoaspirazione).
Lo Screening Mammografico

Per screening di popolazione in campo oncologico si intende l’impiego programmato, controllato, sistematico e periodico di un test semplice, innocuo, accettabile, facilmente ripetibile e poco costoso su una popolazione asintomatica ben definita, allo scopo di identificare precocemente i possibili portatori di una patologia oncologica allo stadio iniziale o di una lesione pretumorale, con l’obiettivo, applicando un trattamento precoce più efficace e limitato, di ridurne la mortalità e, se possibile, l’incidenza. I programmi di screening di popolazione, proposti come interventi di sanità pubblica, hanno bisogno di una solida evidenza scientifica di efficacia basata su studi significativi di popolazione randomizzati sia per quanto riguarda la valutazione di efficacia rispetto al risultato indicato sia per quanto riguarda valutazioni di costo beneficio. Questo consente all’organizzazione di sanità pubblica di poterli proporre nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza cui ogni cittadino facente parte della popolazione bersaglio identificata a cui l’intervento si rivolge (definita in base alle classi di età, al sesso, ai fattori di rischio, ecc.) ha equamente il diritto di accedere.
Attualmente il programma di Screening della popolazione italiana in campo oncologico, conforme alle indicazioni della U.E. ( terza edizione ), al fine della diagnosi precoce dei tumori della mammella, prevede e dispone che tutte le donne di età compresa tra i 50 ed i 69 anni siano sottoposte a mammografia biennale.

 


Terapia


La terapia chirurgica
Oggi, come in passato, l’intervento chirurgico rappresenta il trattamento principale del carcinoma mammario. Fino a pochi anni fa, poiché vi era un’unica opzione (quella chirurgica immediata) e un unico tipo di intervento (la mastectomia), la chirurgia della mammella veniva considerata una chirurgia minore del tutto codificata. Tale affermazione è tuttora manifesta in alcuni ambienti della chirurgia generale, sia pure in maniera strisciante, soprattutto laddove il dibattito si pone sul piano tecnico. Ciò che invece ha reso complessa tale chirurgia sono le valutazioni concettuali che debbono guidare sia le indicazioni chirurgiche differenziate che le particolari modalità tecniche in relazione al potenziale rischio oncologico, soprattutto per quanto riguarda la chirurgia conservativa e il trattamento del cavo ascellare. Oggi, più che mai, la scelta dell’intervento dipende da un’affinata valutazione delle caratteristiche della malattia e delle pazienti, ma anche dalla ricerca di una misura ideale di estensione dell’intervento né inutilmente eccessiva né pericolosamente insufficiente.
Una chirurgia ancora necessaria, quindi, in attesa di valide alternative farmacologiche o di manipolazione genetica o di modulazione immunitaria. Una chirurgia che da sola non può essere curativa, ossia senza l’integrazione farmacologica, o radicale, se intendiamo questo termine solo come estensione, ma che vuole essere ottimale, ossia che integra gli elementi biologici con quelli tecnici. Infine, se possibile, una chirurgia che, oltre alle suddette caratteristiche, sia anche una chirurgia gentile, ossia rispettosa delle necessità oncologiche ma anche delle aspettative della donna.
Stabilire dei principi può essere limitativo, specie quando le conoscenze sono in continua evoluzione. Nondimeno essi sono utili a creare degli ambiti entro cui muoversi con una certa consapevolezza dei limiti di azione.

La chirurgia oncoplastica della mammella
Il cancro della mammella è la più comune causa di morte per malattia maligna nelle donne nei paesi occidentali, con una stima di circa 400.000 morti l’ anno nel mondo. I tassi di mortalità sono scesi modestamente nelle ultime due decadi e l’ incidenza del cancro della mammella continua ad aumentare con una media del rischio di vita approssimativamente del 10%. Tutto ciò è pesato enormemente sul sistema sanitario su entrambi i servizi di spesa e di risorse finanziarie.
Il nuovo trend è rispondere efficacemente e tempestivamente al sempre più alto numero di pazienti che richiedono una ricostruzione immediata dopo mastectomia o ad un immediato rimodellamento della ghiandola mammaria nel caso della chirurgia conservativa.
Tutto ciò ha spinto la categoria dei chirurghi senologi ad uno studio mirato e particolareggiato delle tecniche conservative, ricostruttive e di rimodellamento mammario e quindi la dove fosse necessaria una “ wide local excision “ si è iniziato a prospettare ed attuare con successo transposizioni di mammella residua e flaps dermoghiandolari. La crescente domanda di procedure che permettessero di avere buoni e, in svariati casi, eccellenti risultati cosmetici e radicali (cioè oncologicamente corretti) ha promosso la naturale evoluzione e nascita di innovative tecniche chirurgiche dedicate interamente alla mammella, talvolta prese in prestito e ispirate a tecniche di chirurgia plastica. Vi è, difatti, un naturale conflitto tra gli scopi basilari della chirurgia plastica e la chirurgia oncologica: la prima ha l’intento di eradicare tutte le recidive loco regionali con ovvia asportazione di tessuto mammario, la seconda di risparmiare quanto più tessuto ghiandolare al fine di avere una ottima cosmesi. Ma bisogna tener conto del fatto che la preservazione di tessuto non necessariamente si traduce in aumento dei tassi di sopravvivenza. Inoltre non dobbiamo dimenticare il valido supporto fornitoci nel post operatorio (e nel caso della neoadiuvante nel preoperatorio) da terapie chemioterapici e radioterapiche.
Lo studio di Holland su reperti anatomo patologici mammari su mastectomia ha rivelato la presenza di tumore residuo sui margini nel 43% dei casi con una clearance di 2 cm di limite dai margini. Appare quindi evidente che i tassi di recidive locali sono associati ai più bassi margini di resezione. È concepibile che taluni pazienti e chirughi/clinici accettino il ragionevole aumento di rischio della local reccurence affinché si favorisca un risultato estetico/cosmetico maggiore, puntualizzato ed accertato che ciò non comprometta il tasso di sopravvivenza.
Da qui risulta evidente la coniazione del termine “ oncoplastica “ che sta a palesare una volontà da parte della comunità scientifica internazionale di operare nel rispetto dell’ integrità estetica, di una così nobile e delicata area femminile, ma in completa sicurezza da un punto di vista della sopravvivenza.

Alcuni esempi di Chirurgia Oncoplastica:

Tecnica1

Tecnica2

Tecnica3

La terapia medica
La terapia medica, di competenza dell’oncologo medico, consiste nella somministrazione di farmaci con lo scopo di impedire e/o controllare la disseminazione sistemica della neoplasia. Essa può essere classificata in funzione del tipo di farmaci utilizzati o in base alla sua funzione nel momento terapeutico in cui è impiegata. In base al tipo di farmaci usati si distinguono le seguenti terapie:
1) Terapia ormonale o “endocrina”. Si avvale di farmaci che hanno un effetto sul livello di estrogeni nell’organismo della paziente, oppure ne contrastano gli effetti sui vari tessuti bersaglio, in particolare il tessuto tumorale e quello mammario residuo.
2) Chemioterapia o “terapia antiblastica”. Si tratta della somministrazione, più spesso endovenosa, ma anche orale, di molecole che per la loro conformazione sono in grado di interagire con DNA, RNA e proteine coinvolte nella sintesi dei componenti cellulari, con l’effetto ultimo di inibire la replicazione della cellula o di portarla all’apoptosi. Questi farmaci agiscono su tutte le cellule in fase di replicazione indipendentemente dal loro stato di cellule sane o tumorali.
3) Targeted therapy. Consiste nella somministrazione di sostanze che agiscono in modo estremamente selettivo solo sulle cellule tumorali, presentando una specifica alterazione genetica responsabile della capacità della cellula di replicarsi o di invadere i tessuti sani circostanti. Questi farmaci possono essere “anticorpi monoclonali” diretti su recettori specifici o “piccole molecole” che inibiscono selettivamente alcuni passaggi che regolano la replicazione cellulare.

La Radioterapia
La radioterapia, di competenza del medico radioterapista, ha la finalità di somministrare una dose precisamente controllata di radiazione a un ben definito volume tumorale con il minimo danno possibile ai tessuti sani circostanti, per eradicare il tumore o controllarlo localmente, permettere la conservazione d’organo, prolungare la sopravvivenza e migliorare la Qualità di Vita.

 


Autoesame del seno


Con un attento esame del proprio seno, una donna può imparare a conoscerne la sua normale struttura ed a capire quando si verifica qualche cambiamento.
E’ importante che l’autoesame sia eseguito correttamente, una volta al mese e sempre nello stesso periodo.
Le donne in età fertile possono eseguirla alcuni giorni dopo il termine del ciclo mestruale, quando la mammella è meno tesa e dolente.
Le donne in menopausa possono eseguirla il primo giorno di ogni mese.

LE ALTERAZIONI DA RICERCARE DURANTE L’AUTOPALPAZIONE SONO:
· la comparsa di un nodo o di un addensamento nella mammella o nel cavo ascellare
· una variazione di dimensione, di forma o un’asimmetria delle mammelle
· una tumefazione della mammella
· qualsiasi alterazione cutanea, quale una retrazione od una irritazione
· arrossamento o desquamazione del capezzolo o della cute mammaria
· secrezione ematica o siero-ematica dal capezzolo
· dolore od aumentata sensibilità del capezzolo
· retrazione del capezzolo: introflessione o rotazione in una posizione differente
Se si evidenziano una o più di queste alterazioni, è necessario rivolgersi quanto prima al medico specialista, per una corretta valutazione diagnostica.

AUTOPALPAZIONE DURANTE LA GRAVIDANZA
Le donne devono continuare ad eseguire l’autopalpazione durante tutto il periodo della gestazione, cosi’ come è importante che in questo periodo vengano mensilmente visitate dal medico specialista, preferibilmente sempre lo stesso, in maniera che sia più agevole il riscontro di eventuali nuove alterazioni.
Il fine è quello di evitare, durante la gravidanza, il ritardo diagnostico e quindi carcinomi in stadio avanzato.

COME ESEGUIRE L’AUTOPALPAZIONE
E’ importante guardare e sentire entrambe le mammelle ed il cavo ascellare.
E’ necessario impiegare i polpastrelli delle tre dita centrali (indice, medio, anulare) e non la punta.
Il tempo richiesto varia a seconda delle dimensioni delle mammelle, in linea di massima sono sufficienti 15-20 minuti al mese.
Si devono seguire tre differenti schemi per esaminare la ghiandola mammaria:

esaminare la mammella creando degli anelli concentrici che si chiudono in una spirale, partendo dai quadranti esterni, per terminare nell’area del capezzolo.

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esaminare la mammella con dei movimenti verticali, coprendo l’intera area

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esaminare la mammella “per quadranti”, con movimenti dall’interno all’esterno e viceversa

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Quando si palpa la mammella seguendo uno degli schemi sovradescritti, bisogna esercitare tre differenti livelli di pressione (lieve, moderata e forte) e dei piccoli massaggi circolari.
Non sollevare le dita durante la palpazione, per evitare di non esaminare un’area.
E’ preferibile eseguire l’autopalpazione in un ambiente caldo o durante la doccia, in maniera tale che il tessuto mammario sia rilassato. Il freddo può determinare una contrazione della mammella e del capezzolo, tale da rendere difficoltoso l’esame.

Guardare(ispezione)
Deve essere fatta davanti ad uno specchio in un luogo ben illuminato, in quattro passaggi successivi:
· con le braccia appoggiate sui fianchi
· con le braccia in alto o con le mani dietro alla testa
· con le mani che premono sulle anche per contrarre i muscoli pettorali
· piegandosi in avanti con le mani appoggiate sui fianchi
Queste manovre consentono di evidenziare alterazioni di forma e di dimensioni delle mammelle, retrazioni cutanee, alterazioni di forma e di posizione del capezzolo, arrossamenti o altre irregolarità della cute.

Sentire(palpazione)
Può essere effettuata sia nella posizione eretta che nella posizione supina.
· Posizione eretta:
La mammella può essere esaminata anche sotto la doccia; la pelle lubrificata dal sapone rende più agevole la palpazione.
Portare il braccio destro dietro la testa. Usando la mano sinistra, esaminare la mammella destra ed il cavo ascellare omolaterale, cercando di rilevare la presenza di eventuali nuovi nodi, seguendo i tre schemi di palpazione che sono stati descritti in precedenza.
Nello stesso modo, esaminare la mammella sinistra.
· Posizione supina:
Sdraiarsi con un cuscino o un asciugamano sotto la spalla destra e portare la mano destra dietro la testa. Controllare con la mano sinistra tutta la mammella ed il cavo ascellare destro.
Ripetere per la mammella controlaterale.

AREE DA ESAMINARE CON PARTICOLARE CURA
Naturalmente è importante valutare l'intera mammella con la massima cura, ricordandosi però che circa la metà dei tumori insorge nei quadranti supero-esterni, in prossimità del cavo ascellare.

VALUTAZIONE DEL CAPEZZOLO
Circa un terzo dei tumori insorge nell'area dietro il capezzolo.
E' necessario comprimere il capezzolo e valutare l'eventuale secrezione di liquido, che se è giallo o verdognolo è normale. Al contrario, se è scuro o francamente ematico è da segnalare al proprio curante.

Palpare accuratamente l'intera mammella

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Esaminare con cura anche la regione del cavo ascellare

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Comprimere il capezzolo per evidenziare l'eventuale presenza di una secrezione

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Guardarsi davanti ad uno specchio sia con le braccia sollevate, sia con le braccia appoggiate sui fianchi, per valutare un'alterazione cutanea o del capezzolo.

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Diritti della donna operata al seno


Si riportano di seguito alcune disposizioni previste dalle normative della UE in merito a:

- esenzione del ticket,
- prestazioni sanitarie presso centri di altissima specializzazione all’estero,
- prestazioni assistenziali e al diritto al lavoro,
- Indennità di accompagnarnento,
- Diritto al lavoro,
- Permessi di lavoro,
- Rapporto di lavoro a tempo parziale.

L’esenzione dal ticket.
Il malato di cancro, in quanto tale, ha diritto all’esenzione totale dal pagamento del ticket per farmaci, visite ed esami appropriati per la cura del tumore da cui è affetto e delle eventuali complicanze, per la riabilitazione e la prevenzione degli ulteriori aggravamenti (D.M. Sanità 329/1999). La domanda di esenzione va presentata alla propria ASL, allegando: tessera sanitaria, codice fiscale, documentazione medica, specialistica o ospedaliera che attesti la malattia. Il codice di esenzione è 0.48.

Prestazioni sanitarie presso centri di altissima specializzazione all’estero.
L’assistenza sanitaria all’estero è consentita presso centri di altissima specializzazione per prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione non ottenibili in Italia in maniera adeguata o tempestiva. Si può avere un’assistenza diretta (le prestazioni sono pagate dall’ASL e rimane a carico del paziente solo l’eventuale ticket sanitario applicato nel Paese di destinazione) o indiretta (le prestazioni sanitarie sono a carico del paziente che ha diritto, però, ad un rimborso parziale). La domanda richiede la seguente documentazione: certificato medico specialistico che illustri l’impossibilità di ricevere i trattamenti adeguati e tempestivi in Italia, indicando la sede estera prescelta; una documentazione richiesta eventualmente dalla Regione di appartenenza. L’ASL trasmette, entro 3 giorni dalla richiesta, la domanda e la documentazione al centro regionale di riferimento competente che, a sua volta, dovrà comunicare la sua risposta all’ASL entro 7 giorni. In caso di risposta positiva l’ASL rilascerà il mod. E 112 e un’autorizzazione. I rimborsi (nel caso dell’assistenza indiretta) sono: spese di carattere strettamente sanitario (sino all’80% dell‘importo) sia presso strutture private che pubbliche; spese di viaggio e di trasporto (sino all’80% del biglietto ferroviario o aereo del paziente; accompagnatori solo nel caso che il paziente sia minorenne o non autosufficiente); spese per prestazioni erogate da personale che opera presso la struttura estera come libero professionista (sino al 40% dell’importo totale); spese di soggiorno (non rimborsabii eccezion fatta per pazienti portatori di handicap e loro accompagnatori); spese sanitarie residue a carico del paziente (sino al 20% del rimborso parziale o totale, in relazione al reddito, se sono particolarmente elevate). In caso di parere negativo del centro regionale di riferimento si può presentare ricorso entro 15 giorni al Direttore generale dell’ASL in sede giudiziaria al TAR.

Prestazioni assistenziali.
I malati di cancro, a seconda del tipo di invalidità riconosciuta, hanno i seguenti diritti: Pensione di inabilità e assegno di invalidità civile. Si applicano le tabelle ministeriali di valutazione (D.M.S. 05/02/1992) con tre possibili classi di assegnazione percentuale:
- 11%, malattia con prognosi favorevole e modesta compromissione funzionale;
- 70%, malattia con prognosi favorevole, ma grave compromissione funzionale;
- 100%, malattia con prognosi infausta o probabilmente sfavorevole, nonostante l’asportazione del tumore.
Mediamente per una mastectomia si dà una valutazione intorno al 34% (patologia tumorale con prognosi favorevole). Talvolta viene proposta un’invalidità intorno al 70% con revisione a 5 anni. Qualora si tratti di un carcinoma con estensione linfonodale importante e una diagnosi istologica infausta si può attribuire un’invalidità del 100% con revisione a 5 anni; se invece fossero presenti metastasi a distanza è attribuita una percentuale del 100% senza revisione. Nella revisione la percentuale può essere modificata: l’aggravamento può essere giustificato presentando adeguata documentazione attestante il reale peggioramento delle patologie preesistenti. La domanda di riconoscimento dell’invalidità e di handicap va presentata presso l’ufficio invalidi dell’ASL di zona, alla quale saranno allegati: - il certificato anagrafico;
- il certificato medico del medico di base e dell’oncologo che ha in cura il paziente, nel quale si attesti la natura invalidizzante della malattia;
- la documentazione clinica inerente alla patologia invalidante.
La commissione medico-legale deve fissare, entro 3 mesi dalla presentazione della domanda la data della visita; l’intero iter deve durare al massimo 9 mesi dalla domanda.
L’erogazione dell’assegno è di competenza dell’INPS.
Dal 01/01/2005 se la Commissione medico-legale dell’ASL non riconosce lo stato di invalidità o l’handicap, il ricorso può essere presentato da un proprio legale presso il Tribunale di appartenenza territoriale entro 6 mesi dalla data di ricevimento dell’esito sfavorevole.

Indennità di accompagnarnento.
Se le malattia crea problemi di deambulazione o di mancanza di autonomia nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana (alimentarsi, igiene personale. vestizione si può richiedere il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento L. 18/1980; D.L. 509/1988). Una recente sentenza L. 7179/2003 e 102 l2/2004 ha affermato che detta indennita può essere concessa anche a malati in fase terminale. La domanda va inoltrata all’ufficio invalidi civili dell’ASL di competenza allegando:
- certificato anagrafico,
- certificato medico che deve portare la dicitura “persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure “persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.
Tempi, iter, decorrenza e ricorso sono medesimi del mancato riconoscimento del’invalidità; l’importo dell’assegno è di 443.83 euro mensili.

Diritto al lavoro.
Se la paziente non ha un lavoro, l'accertamento dell’invalidità civile è utile ai fini di una futura assunzione poiché, per la L. 68/1999, le imprese e gli enti pubblici hanno l’obbligo di assumere gli individui che hanno un’invalidità superiore al 46% iscritti nelle liste speciali del collocamento obbligatorio, inoltre il riconoscimento dell’handicap dà diritto di scelta, ove possibile, al trasferimento nella sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.

Permessi di lavoro.
Secondo quanto stabilito dalle leggi 104/1992 e 53/2000 e dai D.D.L.L. 509/1988 e 1511/2001 ottenuto il riconoscimento dell’invalidità la paziente può usufruire di permessi lavorativi per le cure e la stessa facoltà è concessa al familiare che l’assiste. L’art. 33 della L. 104/1992 dispone quanto segue:
- 2 ore giornaliere o 3 giorni mensili;
- per il familiare: 3 giorni mensili.
La domanda per ottenere il permesso lavorativo va consegnata al datore di lavoro.

Rapporto di lavoro a tempo parziale.
Nell’ambito dei rapporti di lavoro privato l’art. 46. lett. t, D.L. 10/09/03 n. 76 riconosce ai lavoratori malati di tumore in grado di lavorare, ma che preferiscono ridurre l’orario di lavoro senza rinunciare definitivamente all’impiego il diritto di ottenere dal datore di lavoro la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale fino a quando il miglioramento delle condizioni di salute non consentirà loro di riprendere il normale orario di lavoro. Pertanto, se la paziente è una lavoratrice dipendente a tempo pieno e ha una ridotta capacità lavorativa anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, ottenuto l’accertamento delle sue condizioni di salute da parte dalla commissione medico-legale dell’ASL, potrà chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale, con riduzione proporzionale dello stipendio, conservando il diritto al posto di lavoro e a ritornare a orario e stipendio pieni nel momento in cui si sentirà in condizione di lavorare di nuovo per l’intera giornata. La norma tutela quei sempre più numerosi malati oncologici che, senza raggiungere il diritto alla pensione di invalidità, rischiano di perdere il posto di lavoro per il superamento del periodo di comporto: una condizione che i progressi della medicina e il miglioramento della qualità di vita durante la malattia hanno reso sempre più diffusa.

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